domenica 20 gennaio 2008

Cabral ka mori

Cabral non è morto perché le idee per cui ha combattuto non muoiono mai. E le sue idee sono soprattutto le idee di libertà di un popolo oppresso da oltre cinque secoli di colonizzazione portoghese. Nel suo caso quello di Capo Verde, ma anche della Guinea Bissau, del Portogallo, da decenni sotto il gioco di una terribile dittatura, e del popolo africano e più in generale di ogni popolo che soffre per le ingiustizie e la limitazione delle libertà.

“La liberazione nazionale e la rivoluzione sociale non sono delle mercanzie d’esportazione; esse sono, ogni giorno di più, il prodotto di elaborazioni locali, nazionali, più o meno influenzate da fattori esterni favorevoli e sfavorevoli, ma essenzialmente determinati e condizionati dalla realtà storica di ogni popolo, e consolidati dalla vittoria o soluzione corretta delle contraddizioni interne fra le differenti categorie che caratterizzano questa realtà”
A. Cabral – “Guerriglia: il potere delle armi”

A partire dagli anni ’60 del XX° secolo, Cabral ha rappresentato la speranza di libertà per le colonie africane in lotta per la conquista dell’indipendenza dal dominio portoghese.
A 35 anni dalla tragica scomparsa rimane nel cuore dei capoverdiani come l’eroe che è riuscito a concretizzare il desiderio di sottrarsi alla dominazione straniera.
È unanimemente riconosciuto come il padre dell’indipendenza di Capo Verde e della Guinea Bissau ed è considerato una figura centrale della storia africana, insieme a Mandela, Kwame N’Krumah, Patrice Lumumba.

“Jurei a mim mesmo que dedicaria a minha vida, toda a minha energia, toda a minha coragem, toda a capacidade que posso ter como homem, até ao dia da minha morte, ao serviço do meu povo, da Guiné e de Cabo Verde. Servir a humanidade, dar a minha contribuição, na medida do possivel, para que a vida do homem venha a melhorar no mundo. Este é a tarefa que me impus.”

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Kabe Verde!

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